Il mare che abbiamo dentro

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Obscurus

    Group
    Strangegate University
    Posts
    1,423
    Location
    Jaywick - Essex

    Status
    Offline

    [ 30 Luglio - 22:30 ]



    Theodore non era favorevole alle spiagge: d'estate erano sempre affollate, la sabbia trovava sempre il modo di infilarsi nei pantaloni, e quando faceva troppo caldo le alghe morivano e venivano a galla insieme a quell'odore salmastre che proprio non tollerava.
    Jaywick aveva quell'odore e lui lo detestava; tutti finivano sempre con l'abituarsi e al non sentirlo più ma lui era l'eccezione. Aveva sempre avuto una sorta di feticcio per i profumi, e le spiagge in Inghilterra finivano sempre con l'assomigliarsi. Costringerlo a fare un tuffo indietro nel passato era quanto di più sgradevole potesse esistere. Ma non sempre si ha la fortuna che quello che non ci piace non è ciò di cui abbiamo bisogno. E di tanto in tanto, sia che fosse inverno o che fosse estate, si ritrovava a percorrere gli stretti moli di qualche baia con l'unico desiderio di schiarirsi le idee.
    Era qualcosa di miserevole quel suo bisogno: anche se odiava quei posti, gli bastava sentire il rumore delle onde sbattere sulla banchina di qualche barchetta attraccata per calmarlo. Quale altro essere vivente poteva vantare di essere così incoerente, così dannatamente scombinato da essere attratto da quel che gli fa schifo per stare bene? Ci pensava, mentre fuori da un localuccio malfamato sedeva a terra con una bottiglia di un whisky che non sarebbe mai riuscito a finire da solo, e che gli avrebbe fatto subire i postumi per la sbornia per qualche giorno.
    La realtà dei fatti era che non sapeva neppure lui perché aveva sentito il bisogno di scappare via da Notturn quel weekend. Aveva trovato un lavoro, un nuovo "coinquilino" e aveva dei fratelli che gli scrivevano tutti i giorni... eppure c'era qualcosa che rendeva il suo sonno inquieto, una perenne sensazione di tristezza ed un bisogno incontrollabile di fuggire... lasciare tutto quanto e partire alla ricerca di quel qualcosa che sentiva mancargli.
    Ed era Mab a mancare; era Donna, che aveva lasciato quella sera tra le vie di Londra, era una prospettiva per il futuro, era la speranza di poter davvero fare qualcosa nella vita.

    Prese un altro sorso di whisky che ormai non gli andava più, ma deglutiva a forza pur di sentire quel piccolo abbassamento di pressione che provava ogni volta che sentiva il liquido caldo scendere e bruciare la trachea, lanciò un sasso nell'acqua, cercando inutilmente le forze di alzarsi da terra per entrare dentro il locale o tornarsene a casa con il primo nottetempo che gli sarebbe venuto in soccorso quella notte, ma dopo un goffo tentativo di rialzarsi, tornò a sedere a terra lasciandosi cadere come un sacco di patate; concedendosi qualche altro istante per riprendersi.

    Edited by Theocracy - 31/7/2022, 02:31
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Billywig

    Group
    Tassorosso
    Posts
    216

    Status
    Anonymous
    Il salto estivo di spiaggia in spiaggia, le passaporte che le mani sue e dei suoi amici avevano sfiorato non si contavano più, il passo successivo era il crearne di nuove per zone inaspettate.
    Solo l'estate accettava passeggiate molleggianti, il versante molle di tutte le cose evocato dai frutti e i fiori di morbida marcitura schiacciati sulle strade.
    Voleva che l'estate non finisse mai perché quel caldo e quel senso comunitario di spensieratezza larga, che si nutriva da sola, erano come una pozione in cui era immerso e che aveva un'azione sottile ma continua, liberatrice; quasi sentiva le scorie della rigidità, della fretta, di una certa immagine di sé lasciarlo in spirali come latte nell'acqua.
    Gli amici erano indietro, ancora ai tavoli esterni del pub, i loro schiamazzi che attraversavano senza effetto i bagliori sospesi, non c'erano ancora state voci che fossero riuscite a modificare la luce, ma a far credere di modellarla sì, e a modificare la voce nel cuore di qualcun altro sì, e forse non tutti i miracoli devono essere rotture di leggi fisiche per essere validi. Come l'impatto che causa qualcuno quando supera una dopo l'altra le nostre barriere.
    Era solo finché non si rese davvero conto di un ragazzo sulla sua traiettoria, mutamento nei flussi che percorrevano i nervi. Se solo avesse potuto sentire il proprio corpo non come un sistema di percussioni. Una musica lenta, dolce, evocativa di tonalità femminili, così immaginava la sensazione di pace nella propria pelle, ma non la trovava nemmeno d'estate. Incredibile che fosse riuscito a definirsi nella mente quest'immagine in un simile intimo panorama di vibrazioni nervose.
    L'assetto del suo corpo con gli altri, i simboli di vergogna che gli gonfiavano i difetti, tumefatto dalla vulnerabilità. Almeno erano solo ombre la cui proiezione non arrivava all'esterno (vero o falso?). Almeno aveva una birra in mano e anche l'altro sembrava un fratello di bevute a giudicare dal movimento sbandato.
    Si fermò e si sporse appena per soppesare il viso dell'altro e iniziare a diradare la cecità verso la situazione e il ragazzo. Era a metà tra il gufo e il topo che captano un rumore nella notte, con la paura ma senza la voracità, un sorvegliante spaventato.

    "Sbronza felice o triste?"
     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Obscurus

    Group
    Strangegate University
    Posts
    1,423
    Location
    Jaywick - Essex

    Status
    Offline
    "Sbronza felice o triste?"

    Una voce che per un primo momento non percepì come sconosciuta, quanto piuttosto frutto di un pensiero, un ricordo laterale che forse aveva vissuto una sera solitaria come quella. Ma la voce e poi gli occhi che nella penombra rilucevano di un celeste desaturato, come biglie scheggiate sotto una luna spenta, riportarono Theodore Lockhart lì in quel momento, in quel piccolo angolino di universo.
    Si girò a guardarlo vagamente spaesato. Lo sguardo passava dal viso dello sconosciuto - su per giù della sua età - alla bottiglia di birra nella sua mano; la cosa lo rasserenò.
    Complici in quella fuga dalla realtà, due perfetti estranei che stavano condividendo per qualche momento quel torpore di sensi che riscaldava lo stomaco ed offuscava la vista.

    Non lo so ancora...

    Le labbra si atteggiarono in un sorriso calmo e placido, mentre con un gesto vezzoso: due colpetti ben assestati dati con il dorso della mano, finse di spolverare la terra battuta di fianco a sé per fargli posto.

    La tua invece?

    Non era nelle facoltà per capire se qualcun altro lì al molo fosse ubriaco, a meno che qualcuno non gli si fosse parato davanti camminando storto per poi finire rovinosamente nell'acqua. Ma la sua domanda d'altronde non era stata posta con il fine di scoprire se il suo nuovo compagno di bevute fosse o meno arrivato al suo stadio di sbornia, quanto piuttosto se condividesse con lui quella vena di melanconia che era solito mettere il mare di notte.
    Un poco a dirla tutta ci sperava, dato che se avessero condiviso anche quello stato d'animo, probabilmente sarebbe stato più semplice riuscire a comprendersi oltre le vanesie parole che due sconosciuti sono soliti scambiarsi durante il loro primo incontro. E non sarebbe neppure stato lui ad esporsi per primo, quanto piuttosto avrebbe avuto un piccolo vantaggio di scoprire il suo stato d'animo ancor prima che Theo avesse potuto comprendere appieno il suo.
    Tacque per qualche istante e poco prima che il suo silenzio potesse gravare sui due sconosciuti come un macigno, disse quella cosa non tanto perché ne voleva davvero parlare, quanto piuttosto per dire qualcosa.

    Le vedi quelle barche laggiù? - disse indicando le sagome degli alberi delle barche a vela - Un vecchio nella mia città mi disse che le barche devono avere tutte un nome importante, il più delle volte il nome di qualcuno...

    Si voltò per guardarlo, questa volta nella sua interezza: i capelli scuri, la mascella squadrata che dava un che di particolare a quel viso talmente simmetrico da sembrare quasi irreale.

    Tu come la chiameresti?
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Billywig

    Group
    Tassorosso
    Posts
    216

    Status
    Anonymous
    Incominciavano i gesti e le parole sopra cui stavano sospesi due poli di aspettative, oscurati perché in fondo chi vuole vederle, le aspettetive? Il loro altro nome è guastafeste, per mantenerci sul leggero ed evitare il drammatico. Il polo in cui le cose sarebbero andate storte e lui non gli sarebbe piaciuto, e il polo opposto in cui si inscenava un mondo idilliaco scaturito dalla fantomatica scintilla. Nel mezzo c'era la realtà che era un'entità che lo guardava fisso e poi faceva spallucce di fronte alle sue divisioni facilitative: lei, di poli non ne sapeva niente. Si era sempre e solo espressa in fluttuazioni, che agli umani e a lui compreso non piacevano granché. Gli umani prendono quello che è intero e lo fanno a fettine, dalla realtà a inscatolamenti, dal maiale al prosciutto, da quelle sottilette di carne è difficile immaginare le emozioni che le percorrevano mentre le si avvolge dentro le melanzane ed ecco dei succulenti spiedini che una volta palpitavano. I palpiti ora sono volati via. Forse, lontani dalla terra stanno meglio. In fondo quanta vita sogna di sperdersi in alto? Tutto pur di non rimanere, anche l'affannoso vuoto: il principio della natura esploratrice della loro specie, l'insostenibilità di casa, dove le cose più care diventano cibo.
    Oddio. Gettò un'occhiata torva alla birra sollevandola un po' verso di sé per guardarla - accusarla - meglio. Com'era? Sopra l'alcol il dolore galleggia?

    "Decisamente triste."

    Sicuramente portava a galla quei pensieri che di norma se ne stavano relativamente buoni nel substrato, sotto i pensieri delle incombenze, degli amori e dei disprezzi accettabili. Nessuno voleva annegare finché non si liberava in petto quel genere di riflessioni dure, abiette, nugolo di insetti, allora l'annegamento si cambiava in qualcosa di auspicato. Sulla scacchiera muoveva per prima la paura, poi il sollievo, in quel gioco da cui non si poteva prendere una vacanza.

    La mossa del sollievo furono i movimenti del ragazzo che gli spianava un posto accanto a sé, il braccio latteo di lui che lampeggiava nel nero, segnali nel buio per Mike. Si sedette in modo un po' burbero, seguendo il desiderio di non sentirsi più un palo esposto alle intemperie. Il morbido fresco ondulato della sabbia sotto i bermuda. Il primo istinto lo raggomitolò, le gambe strette tra le braccia e guancia schiacciata contro il braccio, ma poi spezzò quell'intimità distendendo una gamba e afflosciandosi, il corpo combattuto tra le istanze contrastanti della notte tenera e dell'apparenza.
    Ascoltò affiancando lo sguardo a quello dell'altro.
    Quasi rise per non piangere, il nome lampante, un singulto.

    "Ava... non prendermi in giro, è mia madre... lo so, lo so."

    No no no. Il rossore come una difesa scattante, sperava che non trasparisse grazie alla fievole abbronzatura ed emise un risolino che gli sembrò la premonizione di un buon destino per quella serata, o almeno una tendenza alla fiducia che era un dono di per sé.
    Le differenti declinazioni esteriori tra loro, dove siamo diversi e dove simili, la conoscenza operava e si nutriva di tutto, anche i caratteri superficiali disegnavano sorrisi profondi in una elaborazione incomprensibile.
    Veniamo dalle stelle, giusto? Il disco di accrescimento da cui veniva il ragazzo doveva avere un cuore pallido. Pelle lunare e capelli solari. Figlio del sole e della luna. Chissà in quante leggende avrebbe potuto rivedersi. Centinaia di storie in cui vestirsi da eroe e da cui trarre coraggio e forza. Un discorso che avrebbe potuto fare con sua madre, anzi ereditato da lei.

    "Tu invece?"

    Edited by .•Alia•. - 4/8/2022, 22:12
     
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Obscurus

    Group
    Strangegate University
    Posts
    1,423
    Location
    Jaywick - Essex

    Status
    Offline
    Con un tenue sorriso tra le labbra, pensò che quella tristezza comune non fosse poi una tragedia.
    Il sole il giorno dopo sarebbe sorto comunque, le persone lì in quella cittadella avrebbero affollato le spiagge con ombrelloni e teli colorati, alcuni di loro avrebbero giocato a palla nel mare mentre altri, se ne sarebbero rimasti in panciolle tutto il giorno.
    Felici, in vacanza, ed inconsapevoli che però poche ore prima, fuori da una locanda lì vicino, due ragazzini che non avevano ancora vissuto nemmeno venti estati, avevano condiviso una tristezza che alla loro età non avrebbero dovuto conoscere.
    Ed era terribile.
    Ed era ingiusto.
    Theo a volte trovava quasi insopportabile anche solo concepirlo: concepire che il mondo esisteva a prescindere da lui, lui che era il fulcro della sua coscienza, dei suoi pensieri; l'epicentro del suo universo.
    Quando Mab era stata catturata sotto i suoi occhi, quando l'aveva vista sparire con le mani dietro alla schiena, condotta nell'ombra mentre Piccadilly Circus aveva preso fuoco avrebbe potuto giurare che le comete del suo universo torcevano su sé stesse, rigettandosi sull'atmosfera.
    Quando era stato scortato in quella stanza vuota, asettica; mentre due auror sconosciuti lo interrogavano su quel che era successo... quel che Lui e Mab avevano fatto, lì gli oceani bollivano e si prosciugavano risalendo nel cielo.
    Quando aveva dovuto passare settimane, mesi chiuso nella sua stanza; con estranei che entravano senza permesso, che lo trattavano come un essere immondo, un ragazzino idiota che si era fatto circuire da una donna più grande... una pazza, una scellerata, un'assassina. Lì qualcosa dentro di lui si staccava secondo dopo secondo. Eppure quella tempesta così violenta e vorace aveva come unico argine il suo corpo.
    Mentre il suo mondo moriva, gli altri continuavano a vivere come se nulla fosse, al Felix la gente prendeva il posto di Jiselle, sedeva alla sua scrivania, beveva, mangiava e lavorava come se non fosse mai esistita.

    Decisamente triste.

    Ripetè con gli occhi fissi sulla sua bottiglia, come se sul profilo bordato di vetro potesse esserci la risposta per lenire i loro dolori.
    Non alzò lo sguardo neppure quando lo vide muoversi con la coda dell'occhio, lasciarsi cadere come se i suoi muscoli non potessero più reggere il suo peso, e la terra, sotto di loro, tremava un poco per l'impatto.

    È un brutto affare essere decisamente tristi, sai? Ed è una cosa ancor più brutta che nella realtà dei fatti, non frega niente a nessuno...
    A volte dubito che freghi persino a chi giura di volerci bene... a loro frega solo preservarci, essere parte della loro vita ancora per un po'... sarebbe davvero triste se fosse così, non credi?


    Cinico, era colpa dell'alcol.
    Se ne rese conto quasi subito però, sicché non voleva certo apparire come un depresso stronzo e deprimere ancor di più un ragazzino di cui sapeva poco o nulla.

    Si sporse quindi nella sua direzione, sfiorando la spalla del ragazzo con la sua e pronunciando il resto della frase tra le pieghe di un sorriso.

    Forse però questa cosa rientra in quel genere di informazioni che non vogliamo davvero sapere... tipo quando chiediamo come ci stanno dei pantaloni da donna di pelle argentata, e qualcuno pensa davvero che sia socialmente accettabile rispondere con un sincero "male".
    Insomma, chi ti ha insegnato a stare al mondo?


    Tornò a portare tutto il peso sul baricentro, credendo di essersi sforzato abbastanza per ricondurre la conversazione su toni più leggeri. Dopotutto il suo interesse su qualsiasi cosa che non fosse lui era oscillante e discontinuo, salvando sé stesso dall'oblio cercando sempre nuovi stimoli dentro il quale fiondarsi a capofitto quando le cose si facevano troppo difficili. Infondo non doveva mica rispondere a tutte le domande che gli frullavano per la mente, ed anche se c'erano cose che lo facevano stare di merda, poteva sempre cercare la sua felicità altrove; ed ecco che i flussi di serotonina nel suo cervello scendevano e si alzavano come se fossero su un roller coster strafatte di metanfetamina.
    Parlare di quanto sia ingiusto il mondo era come sporgersi dall'abisso, ma parlare di barche... parlare di barche era la luce capace di distrarlo per qualche istante; come un gatto con il laser puntato sul muro.

    Beh... la mamma è sempre la mamma.

    Si voltò solo in quel momento, concedendosi una piccola pausa drammatica.

    Mi sono innamorato solo una volta nella mia vita, la chiamavo Mab, come la regina delle fate di Shakespeare.
    Se avessi una barca la chiamerei così: Queen Mab
     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Billywig

    Group
    Tassorosso
    Posts
    216

    Status
    Anonymous
    Il discorso cominciava a farsi un po' complicato, anche perché le sue parole precise indicavano un pensiero fisso, raffinato nel tempo, e pure solo in questo approfondimento riflessivo Mike si trovava in difetto. Trovarsi di fronte a una mancanza nei propri ragionamenti metteva a serio rischio quelli a venire, una vera e propria battuta d'arresto come in un museo davanti a un'opera d'arte, solo che nel suo caso era un buco d'arte; dove avrebbe dovuto esserci un'opera che poteva renderlo osservabile e costituire un pretesto di aggancio, c'era l'ombra sagomata di quell'assenza e l'ombra scavava come un marchio perpetuamente incandescente.

    "Se vogliono preservarci perché li facciamo stare bene è una prova del valore che abbiamo per loro, no?" Una prova sufficiente. "Il livello di felicità che riusciamo a suscitare è l'unica misura del nostro valore per qualcuno, e questo sì, può far pensare... " Far paura, pensò in realtà. "Tu vorresti un'altra misura?"

    Rispetto e deferenza. L'amore, quando lo riconosceva, suscitava immancabilmente queste due reazioni, ma era strano, ingiusto che anche gli altri sentimenti umani non avessero gli stessi effetti. L'amore era grande, e quando si diceva grande sembrava che si dicesse tutto. Invece l'importanza non era data dalla grandezza come misura, in quanto molte emozioni, la gelosia ad esempio, potevano avere un'entità notevole, ma in quel caso questa era un difetto. Quando invece era dolore, faceva paura. Ma il privilegio dell'amore non poteva stare nemmeno nella sua capacità di smuovere le cose, perché non era suo esclusivo, sebbene lo rendesse più facile. L'unico aspetto che lo rendeva unico era il benessere, il senso di possibilità che infondeva e di cui tutti intorno anche beneficiavano. Il sentimento della forza sacra e piacevole e coinvolgente, che rendeva i desideri più reali e maneggevoli.
    L'amore era venuto e passato e probabilmente se non fosse andato via, quel ragazzo non sarebbe stato lì, o ci sarebbe stato con un altro spirito; comunque avrebbe avuto qualcosa di diverso che lo rendesse noto per la sua felicità.
    Mike non sapeva di cosa parlava, credeva di non essersi mai innamorato. E se si sbagliava, allora non se ne era reso conto, il che era spaventoso, conferiva all'agitazione che non lo abbandonava un ruolo primario nella sua vita, un'autorità rispetto a cui poteva persino porsi al di sotto.
    Da una parte rimase deluso non vedendolo ridere o stupirsi alla confessione. La sua risposta era adeguata, distensiva e deludente al tempo stesso. In fondo gli scherzi verso quel suo lato gli permettevano di parlare di lei un po' di più. Voleva parlare di lei attraverso l'imbarazzo, e così finì per stupirsi lui stesso. Ecco cosa stavano facendo: come se nulla fosse più importante come base di una conoscenza, stavano mostrandosi i rispettivi sentimenti d'amore, dicendosi, senza scambiarsi nemmeno i nomi, 'Questo sono io. Qualunque cosa scoprirai dopo su di me, non sarà vera come questo. Quando pensi a me, parti da qui, non dimenticartene'.

    Lo guardò di sfuggita sapendo che gli istanti dopo la sua prossima domanda sarebbero stati avvolti da una crudezza potenziale.

    "E che fine ha fatto la tua Queen?"
     
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Obscurus

    Group
    Strangegate University
    Posts
    1,423
    Location
    Jaywick - Essex

    Status
    Offline
    Avrebbe mentito se avesse detto che quello non fosse un pensiero costruito nel tempo. Quello, come tanti altri che affollavano la testa di Theo rendendola sempre rumorosa.
    Il caos d'altronde era una vocazione per lui, sempre e comunque. Pensieri veloci, uno dietro l'altro a scavare buchi nel cervello; muoversi sempre, senza rimanere mai troppo nello stesso posto; amori che si consumavano avvampando nella notte per poi essere cenere il giorno dopo e momenti, pochi momenti di quiete dopo l'ultimo cocktail di troppo. Lockhart non si concedeva mai del tempo per fermarsi, ed anche la superficialità che amava ostentare in quel suo modo froufrou di vivere, tra pizzi e profumi opulenti, non erano altro che il frutto malsano di una consapevolezza da cui voleva a tutti i costi nascondersi.

    Quello che hanno bisogno loro magari non è quello che fa star bene noi... e si, la vita è troppo breve per preservarsi per gli altri.

    Che poi, tra il dire ed il fare c'era sempre di mezzo l'intero oceano e, nel caso dell'amore, anche le galassie.
    Per amore Theo si sarebbe arso vivo; e lo faceva... a modo suo. Amava ogni volta con ogni centimetro del suo corpo, ma non lo faceva mai con grandi gesti plateali o promesse. L'unico modo che conosceva per dedicarsi agli altri era consumarsi e struggersi, allontanarsi provando una paura cieca per quel modo così violento e disperato di provare affezione per quella singola ed unica persona. Poi arrivava sempre il punto in cui doveva uccidere quella sensazione; strapparsi il cuore dal petto per iniziare tutto daccapo.
    Theodore si era innamorato così tante volte, provando amori così tanto diversi l'uno dall'altro, che rendeva quel sentimento ai suoi occhi spaventoso. Aveva rifiutato di andare ad Hogwarts per i suoi fratelli, rischiando di rimanere intrappolato in quella discarica di Jaywick per sempre; e questo glieli aveva fatti odiare ancor di più; aveva seguito Jiselle in una missione suicida, finendo in un casino più grande di lui, aveva permesso a Donna di conoscere ogni sua sfaccettatura, aveva fatto entrare Einar nella sua vita nonostante avesse ancora il cuore a pezzi... tutto, solo ed unicamente per colmare quel vuoto senza fine.
    Non aveva senso, forse... ma d'altronde, l'umanità è affascinante per la sua complessità; e cosa c'era di più irrazionale ed illogico di immolarsi agli altri, soffrendo e patendo le pene dell'inferno, unicamente per quei piccoli momenti di quiete tra le braccia di qualcuno.

    Si, vorrei un'altra misura... ma non so neppure io dire quale, ma se tu hai un'idea a riguardo, gradirei una soluzione.

    Accennò appena un sorriso, sfiorando con le labbra il bordo di vetro della bottiglia.
    Si rese conto in quel momento di non sapere neppure il suo nome, ma infondo... non gli importava granché... anzi, forse il fatto di non sapere chi fosse lo sconosciuto con cui stava parlando di massimi sistemi, rendeva tutto ancora più interessante.

    La mia Queen è sparita, la tua mamma invece? Avete un bel rapporto?
     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Billywig

    Group
    Tassorosso
    Posts
    216

    Status
    Anonymous
    "Forse la nostra anima... Amare quel filo che cambia direzione, a volte visto e altre non visto... L'effetto che fa il legame di sangue, legame che quando c'è, ci si aspetta che si veda l'anima reciprocamente. E quando non succede, è la fine... Non so, mi sta venendo mal di testa" lo sbuffo morbido di una risata secca.

    Cercare di essere felici, che fatica! Come se l'umanità, pur di essere creata, avesse accettato il patto con il demone Felicità, costringendosi al suo culto senza pace. Aveva l'importanza dell'assumere acqua e cibo, aveva la stessa origine arcana e impellente. Se quella mania di voler mettere la felicità ovunque, e paragonare ogni cosa a essa, fosse la vera essenza della mancanza?

    Fili di pensieri che il suo compare avrebbe afferrato al volo, ci avrebbe scommesso, e non gli dispiaceva neanche l'idea di gettarglieli. Non era quella l'amicizia? Presentarsi a qualcuno con tutta la matassa di quel che si era, ansiosi di mostrarglielo? Non diceva già tutto, trovare i propri fili intrecciati a quelli di un altro in un disegno gentile, di cui a malapena ci si accorgeva, non fosse stato per le strette casuali di lieta forza che colpivano il corpo? - inaudito e impercettibile sfiorarsi di galassie sulla traiettoria di un abbraccio collassante. Non faceva dimenticare del desiderio di un'anima esplicita? Oppure al contrario, non riaccendeva il sogno dell'anima legittimandolo come il pezzo mancante della finale teoria unificata della fisica? Poi però uno sguardo sbagliato e fine. O nemmeno quello, solo una fine, e le stelle tornavano ad allontanarsi dalle metafore e dalla prospettiva speranzosa di queste ultime, non si giocava su millenni o miliardi di anni, ma su secondi, ed era un declassamento da cui non ci si risollevava.

    L'apparenza ingannava. Uno di quei modi di dire che non sarebbero mai invecchiati, perché era vero o no che le prove della veridicità di questa frase erano tanto frequenti quanto la possibilità di portare lo sguardo su una pianta o un albero? In pochi minuti l'altro ragazzo aveva parlato del suo unico amore ed era riuscito a pronunciare sparita con la leggerezza più monotona, come il protagonista della scena che arretra oltre i proiettori dentro coni di ombra netta. E così ci scopriva la totale futilità dell'apparenza.
    Il buonsenso gli disse di non insistere su Queen Mab.

    Un fiotto caldo che gli aprì il viso di luce brillante, l'unica lucina baluginante divenne un fronte intero di luci. "Sì..." la persona che conteneva il maggior numero di certezze. Forse ne avrebbe trovate altrettante in giro per la vita, ma avrebbe dovuto girare a lungo e prendere un po' da tanti posti differenti. "E' la mia roccia, ma levigata, e anche l'acqua che l'ha levigata. Non so cosa farei se sparisse..."

    Non faticò a immaginarsi a parlare con lui in un altro posto e in un altro momento, magari in un bar nella luce del mattino, o agghindati come giocatori di quidditch nel mezzo del campo da gioco sotto un cielo uggioso, o a una festa affollata e scintillante a guardarsi da diversi angoli della stanza, nella rispettiva solitudine pressata. Miriadi di gesti che componevano ciascuno, in mappe che si svelavano in anni e anni, e che quando acquisivano una certa stabile chiarezza, potevano cambiare. Una definizione dell'amore poteva essere "Voto al desiderio di sperimentare e collezionare nella memoria il maggior numero di gesti di qualcuno"?
    Se guardate da lontano, le cose erano circonfuse di idealità. Guardare da lontano intrappolava. La lontananza donava mistero alla banalità. Era davvero un sentimento trascinante. Ava diceva che doveva venire dall'infanzia, ma in fondo non veniva tutto da lì? Allora era meglio dire: è un sentimento che era già maturo nell'infanzia, e che si trascinava nel resto della vita con quel peso di una forgiatura perfezionata nei primordi. O si perdeva o ci si faceva i conti così com'era, nessuna modifica.
    In quel momento, c'era dentro. Non era distante, era immerso in qualcosa che aveva il profumo di quella idealità. Ma in fondo non era strano, perché sussisteva l'unicità, la presunta mancanza di continuazione. Nell'unicità come nella lontananza emergeva l'idealità, come se fosse il suo ambiente naturale, o comunque l'ambiente che la rendeva meno schiva, difficile.
     
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Obscurus

    Group
    Strangegate University
    Posts
    1,423
    Location
    Jaywick - Essex

    Status
    Offline
    Lo guardava interdetto, Theodore, mentre quel ragazzino che su per giù doveva avere la sua età, o qualche anno in meno, gli parlava con una saggezza che lui non era ancora in grado di avere; o meglio...
    Era sempre stato bravo a formulare pensieri o ipotesi nella sua testa, analizzare gli altri era una vera e propria vocazione, per quel ragazzo che era cresciuto e si ostinava a vivere in mezzo agli altri. Theo aveva bisogno delle persone, aveva bisogno di essere visto perché da qualche parte nella sua coscienza credeva fermamente che se si fosse isolato, se non fosse stato il viveur caotico e sempre sorridente che era, sarebbe in qualche modo sparito come un fantasma dalla memoria degli altri... Theodore Lockhart aveva bisogno delle persone, ed aveva bisogno di essere amato, di essere al centro dei loro pensieri, di essere ricordato per il ragazzo sempre brillante e con la battuta pronta, anche quando non era affatto in vena di scherzare; e per questo si odiava. Si odiava soprattutto quando sentiva l'impulso di trovare qualcosa da dire per sorprendere gli altri o quando sentiva il bisogno di essere stretto tra le braccia di qualcuno per sentirsi parte di quel mondo.

    Anche a me sta venendo il mal di testa; cielo che depressione.

    Che poi, se c'era qualcosa di cui Theo potesse davvero distinguersi dagli altri, essere vagamente ed involontariamente radical chic, era che lui non aveva mai cercato la felicità... anzi. La sua vita era sempre stata uno tsunami di cataclismi e sfortune, e lui non aveva mai cercato di renderla migliore di quello che era. Il suo era un viaggio ascetico verso l'autodistruzione, dove l'unico obbiettivo non era quello di esser felice, ma piuttosto quello di vivere quante più vite possibile ed imparare tutto quello che sarebbe riuscito ad apprendere. Aveva presto capito che il reale modo per farlo era quello di gettarsi a capofitto in qualsiasi esperienza che non aveva mai vissuto, senza curarsi né delle conseguenze, né tantomeno se queste lo avrebbero reso felice o meno.
    A ben pensarci, a Theo la felicità faceva una paura folle: sapeva di stasi, ed in quella sua irrequietezza di spirito non c'era tempo per fermarsi e godersi il momento.

    Beh, vecchio mio... - disse, tirandogli una piccola pacca sulla spalla come se si conoscessero da una vita - Non so se esser felice per te o meno... certo, avere un bel rapporto con propria madre è positivo... ma fino ad un certo punto.

    Lo guardò di sottecchi, selezionando parola per parola così da formare una frase che non offendesse il ragazzo. Lui un bel rapporto con sua madre non l'aveva mai avuto, anzi... a dirla tutta, non aveva mai avuto un rapporto con sua madre. Ed un po' per invidia, un po' perché non aveva mai sperimentato nulla di simile, iniziava a trovare i racconti sulla madre del ragazzo vagamente morbosi.

    Non credi?
     
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Billywig

    Group
    Tassorosso
    Posts
    216

    Status
    Anonymous
    Era molto sensibile ai cambi di atmosfera. Le loro posizioni non erano cambiate di un centimetro, eppure si era sollevato come polvere smossa un senso di lontananza per cui le parole dovevano tendersi, acuirsi per arrivare dall'uno all'altro. Le piccole onde che si rivoltavano sulla riva nascondevano nel loro viluppo sensazioni sfuggenti. Aveva parlato troppo a cuore aperto. Anche il cielo sopra il mare era aperto, ma non voleva dire che portasse solo buoni presagi, la libertà era piena di direzioni sbagliate. Le sue parole si erano spinte avanti come un'onda un po' più audace che si fosse avventurata nell'entroterra, ma adesso, nella sua involuzione, nel suo rincasare, non portava con sé sollievo bensì un senso di sconfitta, e anche sopra l'audacia di prima si stendeva una coperta di stupidità, e in un attimo era come se non ci fosse mai stato altro che quello, pura stupidità. Tutto era iniziato con toni leggeri, era stato proprio lui ad accennare all'infelicità con un ricciolo di labbra, come se l'avesse conosciuta così bene da poterne parlare come un vecchio amico con cui era finita male, ma per cui non soffriva più perché tanta vita era passata sotto i ponti. In fin dei conti si era solo fatto grosso, come un alberello che per affrontare un albero sconosciuto, avesse messo su corteccia aggiuntiva, per ingannare sui propri anni e la propria esperienza. Ritirata, ritirata! Tuffo di tutta l'attenzione sulla bocca della bottiglia per annebbiare il battito del cuore. Se avesse bevuto sapeva che l'avrebbe fatto con disperazione, così si attaccò alla birra e quasi la finì, rimase solo un fondo sguazzante.

    A scuola tutto sommato se la cavava. Il modo migliore per scomparire era essere in mezzo ad altri, le personalità si avvincendavano nei cerchi di amici come una melodia che non veniva lasciata mai cadere, gli accordi che gareggiavano per farsi sentire in un tempo disorganizzato. Era l'anarchia musicale e lui poteva trattenere il proprio contributo mantenendo l'aria di chi aspettava solo il momento giusto. Lì, se i tempi non li riempiva, il silenzio diventava la pelle della sua personalità.
    Quasi si arrabbiò. La rabbia aveva la stessa grandezza delle parole che aveva dedicato a sua madre. Ava era una persona. Sentirsi così ispirato da lei era sconveniente solo perché la loro relazione era genitore-figlio? Una parte di lui voleva battersi per questa domanda filosofica e morale, soprattutto da quando un professore aveva accennato al fatto che il maggiore affidamento e senso di parità nei confronti dei coetanei, rispetto ai genitori, era un segno di crescita. Qualcosa poteva essere stupida e vera al tempo stesso?
    Per quanto tenesse a lei, era tormentato dalla paura di non staccarsene. Se questa paura dipendesse dal giudizio degli altri o dalla sensazione di restare sempre indifeso, non lo sapeva. Sarebbe finito come quegli uomini che si sposavano e poi divorziavano perché la moglie si sentiva, ed era realmente, un livello al di sotto della suocera. Il suo legame con la madre disegnava uno spazio ben preciso di isolamento da ogni romanticismo.

    "Sì, immagino di sì."

    Come se quel commento sulla depressione fosse un commento su di lui, cominciò a sentirsi effettivamente una specie di spiritello o fatina della tetraggine. Per fortuna aveva quella bottiglia, si sentiva meglio soprattutto dopo quella sorsata, l'alcol facilitava uno sguardo lucido sulla rabbia, che era fuggita come un gatto tra la vegetazione. Un'ombra per qualche attimo era cresciuta, sia nel corpo del ragazzo sia nella parte più controversa delle cellule di Mike, ma se n'era andata allo stesso modo.

    "Conosci il gioco dei minerali, vegetali e animali? Si pensa a qualcuno che si conosce e si stabilisce se sia una di queste cose, o un ibrido. Nessuno ha mai spiegato bene cosa s'intenda per le varie classi, anche se a naso un po' si capisce. Tu cosa saresti?" un tocco di sguardo timido mentre una scarpa giocava a insabbiarsi.
     
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Obscurus

    Group
    Strangegate University
    Posts
    1,423
    Location
    Jaywick - Essex

    Status
    Offline
    Una strana creatura, quella che aveva davanti.
    Aveva imparato a dare nomi a tutto. In una vita di caos e tempeste, aveva capito che l'unico modo di sopravvivere era fare ordine almeno in quel piccolo anfratto della sua esistenza che riguardava gli altri: ognuno aveva una propria etichetta, una propria mensola, ed era tutto organizzato e controllabile... almeno lo era stato fino ad un certo periodo della sua vita.
    Non avrebbe saputo indicare l'esatto momento in cui quell'aspetto aveva iniziato a scivolargli dalle mani.
    Per un po', aveva persino creduto di aver disimparato a capire chi lo circondava: d'un tratto tutto era diventato incontrollabile, incomprensibile. Ed insieme a questa condizione, incontrollabile ed incomprensibile era diventato anche il suo cuore.
    Mab, Donna, Einar.
    L'amore gli aveva stordito i sensi, confondendo i contorni di coloro che aveva giurato conoscere, ma che ogni volta si dimostravano tsunami pronti a travolgerlo.
    Non riusciva a capire neppure quel ragazzino che aveva lì davanti ai suoi occhi, e più cercava di comprendere quei movimenti volontari ed involontari, quella coltre di pensieri e di tristezze che gli velavano gli occhi, meno riusciva a capire.

    Se non pensi che sia così... puoi contraddirmi sai?! Mica mi offendo.

    Rispose a quell'"Immagino di si" aprendosi in un calmo sorriso d'incoraggiamento.
    No, non gli interessava davvero che il ragazzo si fosse offeso. Non gli interessava essere contraddetto, di avere torto o ragione. Non gli interessava del rapporto madre-e-figlio, o di giudicarlo sul suo presunto complesso di Edipo. Quello di Theodore, sempre e comunque, era auto polluzione finalizzata a dimostrare a sé stesso di non aver perso il tocco. Come se quella creaturina che gli teneva compagnia non fosse altro che un rompicapo da risolvere, un mistero che doveva assolutamente svelare.
    Per questo motivo non si tirò indietro a quel giochino, anche se lì per lì, sorrise stranito e pensieroso, prendendosi tutto il tempo necessario per pensare ad una risposta onesta e veritiera.

    Non so... è difficile a dirsi.

    E lo era davvero.
    Più ci pensava, più gli venivano in mente esempi riportati su altre persone.
    Mab sarebbe stata Pirite: erotica e ingannevole, velenosa e bella come una Zantedeschia bianca, capace di intrappolare chiunque nella sua tela come una vedova nera. Donna sarebbe stata bella come la pietra dell'amore: il quarzo rosa. Eccentrica ed esagerata come il Dicentra, pungente come un ape. Einar invece, Acquamarina... come i suoi occhi. Spirituale e coraggioso, bello e puro come una ninfea, intelligente e incompreso come un lupo.
    Theodore... non aveva idea di chi o cosa fosse.

    Hai detto minerale... il mercurio, è anche il mio pianeta. Il fiore non saprei, credo un crisantemo, animale... il mio patronus è un gatto birmano. - la buttò lì, girandosi per puntare lo sguardo verso il ragazzo accanto a lui. - Tu invece? Voglio sapere anche del tuo, di pianeta dominante.
     
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Billywig

    Group
    Tassorosso
    Posts
    216

    Status
    Anonymous
    Come spiegare? Addentrarsi nelle conversazioni era come avvicinarsi alla propria solitudine. Arrivare all'età che aveva, tra sé e sé poteva dirsi che era stata un'impresa, ma accanto a un'altra persona quella rivendicazione impallidiva, l'orgoglio si rintanava, e avrebbe voluto ottenere di colpo un ventaglio pesante di anni, essere anziano, essere il contenitore di tante età da non poter essere tratto in fallo.
    Tutti avevano passato una fase nell'infanzia nella violenta dichiarazione di ciò che valeva e di ciò che non valeva? Chi in fondo non voleva essere il bambino che stabiliva le regole, teneva il coltello dalla parte del manico e strofinava l'aria col naso tutte le volte che poteva per sancire supponente che no, questo o quello era una violazione? Così non vale! I giochi che non erano giochi. Erano una preparazione.

    Mike non era mai stato il prevaricatore, non nel modo tradizionale. Da bravo sottomesso, aveva covato un rancore in grado di rovesciare governi un giorno a venire. Ma lo teneva tutto per sé, sentendosi fallace già dal tempo di quella preparazione da cortile infantile. Così in fondo, mentre da una parte covava contro il ragazzo perché le sue regole non capivano la sua mancanza di leggerezza, dall'altra era grato che il sistema lo gestisse lui, perché avrebbe barattato la conoscenza del linguaggio orale e scritto per quella qualità, avrebbe rincorso fino ai limiti della terra l'elisir di leggerezza, abbandonando alla polvere quello di lunga vita.
    Perché senza di essa il linguaggio era come sassi che cadevano e la vita una spiaggia sassosa. L'elemento che mancava, che Mike aspettava che qualcuno gli suggerisse, siccome appena si trovava solo, lo dimenticava, usciva dal suo mondo. Era stanco di quei ritorni, voleva tornare a un mondo di leggerezza. Il ragazzo, seppure con le sue parole e i contatti di quel tenore, non poteva mostrargli la strada. Quando il biondino la imboccava si richiudeva dietro di lui.
    Quando incontrava persone così, le scelte erano rimanere accanto a loro perché dopotutto possedevano il segreto, e forse qualche barlume in più avrebbe tracciato un significato, oppure andarsene perché divorato dalla lontananza dal segreto.

    Il suo sguardo veleggiava cupo come la notte, evitante il suo compagno.

    "Sai troppo più di me, non so giocare così bene."

    E lasciava di lato tutto quello che l'altro aveva detto, e di lato le forme ingrossavano, diventavano segnali, forse lo stratagemma della sua mente di assicurarsi che le cose importanti non passassero come acqua nonostante la reticenza. Gli angoli di Mike erano stipati di giganti forme tutte simili, l'importanza aveva poveri orizzonti.

    "Il mio pianeta. La luna forse..." fece spallucce.
     
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Obscurus

    Group
    Strangegate University
    Posts
    1,423
    Location
    Jaywick - Essex

    Status
    Offline
    Se fosse stato sincero, avrebbe detto a quel ragazzino appena conosciuto che lui non sapeva assolutamente nulla di sé, che gli era vicino in quella ostica sensazione perenne di brancolare nel buio, di non sapere mai che diavolo sarebbe successo di lì a poco e di come avrebbe reagito davanti a qualsiasi situazione l'universo gli avrebbe messo davanti.
    Theodore, d'altronde, poteva dire di conoscere sé stesso quanto conosceva l'infinito intricarsi di viuzze puzzolenti e buie di Notturn. Alla carta, ne avrebbe saputo tracciare ogni singolo incrocio, ogni scalino, ogni dannatissima depressione sul muro. Durante il suo periodo di reclusione, dopo essere stato arrestato, ne ripercorreva a ritroso le strade, impresse nella sua memoria come inchiostro indelebile, immaginava di camminare sui mattoni dissestati evitando con oculata proiezione mentale ogni pozzanghera e increspatura nel terreno. Eppure Notturn finiva sempre per sembragli diversa ogni sera: nuovi pericoli, nuove scritte sui muri, nuove locandine dei ricercati e nuove facce. Notturn Alley cambiava ogni secono, e così faceva lui. Un mutamento costante e perpetuo che destabilizzava, sorprendeva ed impauriva il giovane dalla folta zazzera dorata come lo scoprire nuovi anfratti di sé che non sapeva esistessero.
    Mentre la notte calava ed il mondo a fianco a loro si faceva scuro, i suoi pensieri iniziarono a schiarirsi. Il suo fegato, ancora una volta, era riuscito a sintetizzare ogni schifo che puntualmente era solito ingurgitare una sera sì, e l'altra pure.

    E allora perché mi hai chiesto di giocare a questo gioco, se non ci sai giocare? - Cantilenò sbuffando sarcasmo dalle labbra - Non è molto cortese, anzi... parrebbe quasi un'estorsione di informazioni. Ora tu sai cose su di me, ed io non so nulla di te.

    Gli occhi bui si assottigliarono in due piccole fessure, quasi per squadrarlo meglio, mentre il suo sorrisetto sarcastico smorzava di netto l'astiosità di quelle parole che viaggiavano sul confine che divideva lo scherzo dalla più gelida serietà.
    D'altro canto, l'unica risposta che ebbe dallo sconosciuto lo sorprese ed al tempo stesso, riuscì ad incuriosirlo ancor di più.

    La luna? - Ripetè alzando un sopracciglio - Come mai la luna?
     
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Billywig

    Group
    Tassorosso
    Posts
    216

    Status
    Anonymous
    Era uno di quei momenti in cui tutti avrebbero risposto con un sorriso, mentre per lui quella risposta naturale si spegneva. Così non partecipava alla bellezza. Alla fine della giornata si facevano i conti con tutte le mancate partecipazioni. Non gli era mai parso strano che fosse comune nella vita di chiunque, anche se in fasi diverse, sentirsi stanchi e stufi. La vita era un richiamo continuo e la stanchezza era solo una conseguenza della sensibilità a quel richiamo martellante. Il cervello, pure con le sue difese e i suoi filtri, a volte avrebbe dovuto radicalizzare il criterio di rilevanza e chiudere un po' di più i suoi boccaporti.

    Si dimenticava cosa lo interessasse sul serio. Si confondeva man mano che la conoscenza di un evento o una persona cominciava a definire di luce i suoi tratti e il potenziale che questi avevano di ferirlo. I suoi pensieri erano in lui in due modi, similarmente alle abitudini delle lucertole: o cuocevano immobili ma in punti mimetizzati, una puntualità impossibile da scorgere, o correvano via effimere come rivoli d'acqua, di solito quando li interrogava. E poteva biasimarsi se lo faceva con rabbia? Dopotutto un sentore accomunava entrambi gli stati: quello che le lucertole non gli togliessero mai la pistola dalla testa.

    In ogni caso, era lontano dal mondo, a volte un po' a volte molto. Le lucertole erano la misura e la certezza di quella lontananza, al che il passo logico successivo era quello di sperare in uno sguardo che non contenesse nulla, ma anche quella prospettiva era attaccata a un senso di vuoto.
    Ogni giorno offriva la prova che persone senza quei pensieri e sensazioni esistevano, la prova stava nella velocità con cui si voltavano verso i propri bambini e gli tenevano la mano al primo tremolio del volto, stava nel fatto che non pensassero ossessivamente alle vacanze o al weekend, nelle faccende inderogabili, negli studi che portavano avanti paralizzati accanto a lampade solitarie, nelle storie che raccontavano fino alla fine, fino al dettaglio finale.
    Nelle rigidità di una qualche epoca antica sarebbe stato il ciarlatano, il buffone di strada. Era più vicino a quel destino simbolico quando le spalle gli si incurvavano tanto, cercò di portarvi scioglimento con un respiro con uno snodo lento.

    Forse ciò che lo distingueva irrimediabilmente dagli altri erano i desideri indistinti. Il ragazzo al suo fianco aveva un viso che, per quanto la conversazione potesse prendere una strada storta, avrebbe mantenuto quell'essenza di conforto, forse era dovuto al colorito chiaro, ai capelli di una tenerezza arruffata morbida. Per quanto si potesse impegnare nel suggerire crudeltà, l'apice non era alla sua portata, la sua natura prevedeva una malignità livellata di cui altre malignità avrebbero riso. Il suo talento era altrove, per fortuna di Mike.
    E il suo viso sconosciuto conteneva compositi destini e desideri infiniti, un confine di bellezza tra loro. Mike non avrebbe mai avuto un viso così, conosceva troppo bene la propria immagine allo specchio. Dal volto degli altri gli parlava una specifica desolazione: non avrebbe mai potuto usarli come metro di giudizio per se stesso.

    Il ragazzo aveva ragione. Stava facendo lo stronzo. Di solito, a quel punto, ogni briciolo di luce creatrice sospesa sulla compagnia e le parole scambiate, moriva. Difficilmente sarebbe nato qualcosa, di certo non nasceva curiosità, ma evidentemente il ragazzo aveva deciso di colpirlo con la sua natura scivolosa nei confronti di ogni suo schema, piccoli colpi, piccole crepe che da qualche parte, in profondità, non gli dispiacevano.
    Arricciò le labbra colto in fallo, in una carezza labile di sguardo, un'espressione scolpita nel confine poco trasparente, cupo, tra ilarità e colpevolezza.

    "E' vero, ma è anche un complimento" parole altrettanto labili.

    "La luna per via del segno zodiacale, no? E poi spesso mi dicono che ho l'umore di una donna, sempre che una cosa del genere esista, non mi piace molto sentirlo dire" di nuovo spallucce.

    "Chi è più simile a un minerale è visto con ammirazione, mentre io trovo i minerali meno interessanti, troppo duri, e infatti mi ci rivedo. Se fossi una pianta, sarei una di quelle da balcone, che pendono giù e di cui nessuno conosce il nome, una vale l'altra" sghignazzò superficiale. "L'animale... Beh sono l'animale Mike, che altro c'è da dire?" si accorse che gli era scappato il proprio nome e si sentì pudico come una fanciulla al ballo tanto atteso.

    "E Mercurio cosa rappresenta?"
     
    .
13 replies since 31/7/2022, 01:10   240 views
  Share  
.
Top